Recent Posts

mercoledì 30 novembre 2011

Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese

Il 29 Novembre si celebra la Giornata Internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese. Per questa occasione, il segretario generale Ban Ki-Moon, ricorda con il suo discorso, che la questione palestinese è ancora irrisolta e che il popolo deve ancora conseguire i propri diritti inalienabili così come sanciti dall'Assemblea Generale, cioè, il diritto all’autodeterminazione senza interferenze esterne, il diritto a indipendenza e sovranità nazionali, e il diritto di fare ritorno alle proprie dimore e rientrare in controllo dei propri beni dai quali sono stati allontanati. La richiesta di Ban Ki-moon è, ancora una volta, che entrambe le parti dimostrino “coraggio e determinazione” per giungere a una soluzione di due Stati, in modo da permettere un migliore futuro per i bambini palestinesi e israeliani e risolvere le numerosi questione irrisolte. 

Messaggio del segretario Generale in Occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Sessantaquattro anni fa in questo giorno, l’Assemblea Generale adottava la Risoluzione 181, che prevedeva la divisione del territorio sotto mandato in due Stati. La creazione di uno Stato palestinese, che viva in pace e sicurezza accanto a Israele, è attesa da troppo tempo. 

La necessità di risolvere questo conflitto è diventata ancora più urgente alla luce dei cambiamenti storici avvenuti nella regione. Esorto i dirigenti israeliani e palestinesi a dare prova di coraggio e determinazione nella ricerca di un accordo che preveda una soluzione a due Stati, che possa offrire un futuro più radioso  alla gioventù palestinese e israeliana. Tale soluzione deve porre fine all’occupazione iniziata nel 1967, e rispondere alle legittime preoccupazioni legate alla sicurezza. Gerusalemme deve emergere dai negoziati come la capitale di due Stati, prevedendo delle diposizioni sui siti religiosi che possano soddisfare tutti. Occorre inoltre trovare una soluzione giusta e concertata per i milioni di rifugiati palestinesi sparsi nella regione.

La realizzazione di questo obiettivo comporta molti problemi, ma permettetemi di sottolineare un risultato importante, in verità storico, ottenuto dall’Autorità palestinese durante l’anno trascorso. L'Autorità Palestinese ha ora le istituzioni necessarie ad assumersi le responsabilità di uno Stato, nel caso in cui  uno Stato palestinese venisse creato.Numerosi membri della comunità internazionale lo hanno  dichiarato lo scorso settembre, durante la riunione del Comitato di collegamento ad hoc. Mi congratulo con il Presidente Mahmoud Abbas e il Primo Ministro Salam Fayyad per questo notevole successo. Tali sforzi devono continuare ed essere sostenuti.
A tale proposito, la sospensione in corso da parte di Israele del trasferimento delle entrate doganali e fiscali dovuti all’Autorità palestinese rischia di minare questi risultati. Queste entrate devono essere trasferite immediatamente.
E’ soprattutto necessario delineare un orizzonte politico. Sono profondamente preoccupato per la mancanza di negoziati israelo-palestinesi, mentre la fiducia tra le parti continua a dissiparsi. La loro collaborazione con il Quartetto per il Medio Oriente offre un barlume di speranza. Invito entrambe le parti a presentare delle proposte serie su frontiere e sicurezza, e a discuterne direttamente tra loro, con il sostegno del Quartetto, come parte di una volontà comune di trovare un accordo entro le fine del 2012.
Le parti hanno la particolare responsabilità di porre fine alle provocazioni e creare un ambiente favorevole a negoziati costruttivi. Il recente intensificarsi dell’attività di insediamento di colonie da parte di Israele a Gerusalemme Est  e in Cisgiordania costituisce l’ostacolo maggiore. Le attività di insediamento sono contrarie al diritto internazionale a alla Roadmap e devono pertanto cessare.
Azioni unilaterali sul terreno non saranno accettate dalla Comunità internazionale. Per parte sua, l’Autorità Palestinese dovrebbe trovare modi per aiutare a ridurre la tensione e migliorare il clima di divisione che tende a prevalere, oltre ad essere pronta ad impegnarsi direttamente nella ricerca di una soluzione negoziata.
Sollecito inoltre i Palestinesi a superare le loro divisioni, sulla base degli impegni adottati dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, le posizioni del Quartetto e l’Iniziativa di pace araba. Prendo atto degli sforzi continui del Presidente Abbas in favore di un governo di transizione che prepari il terreno a elezioni presidenziali e legislative a maggio. Un fronte unitario palestinese che sostenga una soluzione negoziata basata sul principio dei due Stati è essenziale per la creazione di uno Stato Palestinese a Gaza e nella Striscia di Gaza.
Le Nazioni Unite continuano a essere fortemente impegnate in favore della popolazione di Gaza e dell’attuazione di tutti gli aspetti della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1860. Esprimo il mio apprezzamento per gli sforzi intrapresi da Israele per facilitare la chiusura, e continuo a chiedere la rimozione delle numerose misure ancora vigenti che riducono severamente il movimento di persone e beni e limitano la capacità delle Nazioni Unite di sostenere la ripresa economica e la ricostruzione di Gaza.
Colgo questa opportunità anche per rammentare a quanti da Gaza lancino razzi contro Israele o continuino a contrabbandare armi, che si tratta di atti inaccettabili, oltre che del tutto contrari agli interessi palestinesi. Chiedo dunque che sia posto fine al lancio di razzi da Gaza su Israele, e al tempo stesso ad Israele di contenere al massimo la propria reazione. Entrambe le parti dovrebbero fare esercizio di calma e rispettare il diritto umanitario internazionale. 
Accolgo con favore il recente scambio di prigionieri che ha visto il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi e di un soldato israeliano. A tale significativo sviluppo umanitario dovrebbero fare seguito passi ulteriori per rafforzare lo stato di calma e porre un termine alla chiusura di Gaza.   
Alle prese con queste numerose sfide alla realizzazione delle loro legittime aspirazioni alla statualità, il gruppo dirigente palestinese ha inoltrato una richiesta di adesione alle Nazioni Unite. Sta agli Stati Membri decidere. Qualunque punto di vista si adotti sul tema, non dovremmo comunque perdere di vista il fine ultimo di conseguire un accordo di pace negoziato su tutte le questioni relative allo status finale, tra cui frontiere, sicurezza, Gerusalemme e rifugiati.   
Riaffermiamo dunque, in occasione di questa Giornata Internazionale, il nostro impegno volto a tradurre la solidarietà in azioni positive. La comunità internazionale deve concorrere a indirizzare il corso delle cose verso un accordo di pace dalla portata storica. Non riuscire a vincere diffidenze reciproche avrà solamente come conseguenza la condanna di altre generazioni di palestinesi e israeliani al conflitto e alla sofferenza.
Una pace giusta e durevole in Medio Oriente, basata sulle risoluzioni 242, 338, 1397, 1515 e 1850, e su accordi precedenti quali quelli di Madrid, la Road Map e l’Iniziativa di pace araba, è cruciale per evitare tale destino. Per quanto sta in me, mi impegno a continuare a perseguire i miei sforzi con tutti i mezzi a mia disposizione.

 

lunedì 28 novembre 2011

Per la visione del film "Mooladé"

Quella delle mutilazioni femminili è una problematica conosciuta, ma spesso poco discussa. Per la visione del film "Mooladé" consigliamo la lettura di questo dossier, per approfondire e conoscere meglio di cosa si tratta.
Inoltre, per chi volesse saperne di più, consigliamo anche la visione del sito ufficiale della campagna contro le mutilazioni, http://www.stopfgmc.org

MGF: CHE COSA SONO...

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono una pratica tradizionale presente in 27 paesi dell’Africa Sub-sahariana e in Egitto, che consiste nell’ablazione totale o parziale del clitoride, delle piccole labbra e – nella forma nota con il nome di infibulazione – nelle cucitura delle grandi labbra in modo da restringere l’apertura vaginale lasciando solo un piccolo foro per il passaggio del flusso mestruale e dell’urina. L’UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, stima che siano già state sottoposte alla pratica 130 milioni di donne nel mondo e che 2 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Le MGF hanno gravi conseguenze sul piano psico-fisico sia immediate – con il rischio di emorragie a volte mortali, infezioni, shock- che a lungo termine, quali cisti, difficoltà nei rapporti sessuali e nel parto con il rischio di morte per la madre o per il bambino. Eppure le MGF sono ancora ritenute una tappa essenziale per il passaggio della bambina alla condizione di adulta e per l’inserimento della donna in un contesto sociale e culturale di tipo patriarcale, in cui il controllo della sessualità femminile costituisce elemento essenziale. Per questo motivo, 20 anni di lavoro fondato quasi esclusivamente sulla sola prevenzione delle conseguenze sanitarie non hanno portato a un significativo decremento della pratica. Lo dimostrano i rapporti di valutazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e i risultati dei sondaggi demografici e sanitari realizzati in 14 paesi africani. Esistono quattro tipi di MGF che vanno dalla circoncisione (I tipo), che consiste nella resezione del prepuzio clitorideo con o senza l’escissione di parte o dell’intera clitoride, all’escissione (II tipo), ovvero la resezione del prepuzio e della clitoride e la rimozione parziale o totale delle piccole labbra, alla infibulazione o circoncisione faraonica (III tipo), la forma di mutilazione genitale tipica dei paesi del Corno d’Africa e che consiste nella escissione parziale o totale dei genitali esterni. I due lati della vulva vengono poi cuciti con una sutura o con spine, riducendo in tal modo la dimensione dell’orifizio della vulva e lasciando solo un piccolo passaggio nell’estremità inferiore, per l’emissione del flusso mestruale e dell’urina. Il quarto tipo include varie pratiche di manipolazione degli organi genitali femminili, piercing, pricking, incisione della clitoride e/o delle labbra; allungamento della clitoride e/o delle labbra; cauterizzazione per ustione della clitoride e dei tessuti circostanti; raschiatura dell’orifizio vaginale (angurya cuts) o taglio della vagina (gishiri cuts); introduzione di sostanze corrosive nella vagina per causare sanguinamento oppure immissione di erbe allo scopo di restringere la vagina. Le MGF si applicano a tutte le donne di un determinato gruppo etnico o di una determinata società e si svolgono secondo tempi e periodicità stabilite. In genere le bambine vengono operate in una determinata stagione o mese dell’anno secondo scadenze periodiche, che variano da una etnia all’altra. Anche l’età in cui vengono fatti gli interventi cambia a seconda delle etnie e del tipo di mutilazione. Schematizzando molto si può dire che la clitoridectomia viene praticata nel epriodo della primissima infanzia (dal 3° al 40° giorno di vita) soprattutto nelle società cristiane, ma anche in alcune società animiste e musulmane, e tra i 4 e i 14 anni nelle società musulmane e animiste. L’età dell’infibulazione varia invece dai 3 ai 12 anni e rari sono i casi di interventi nel periodo neo-natale.

Origine delle MGF

Nonostante questa pratica sia spesso attribuita ai dettami della fede musulmana o cristiana, le MGF precedono storicamente l’avvento di queste religioni e non possono quindi trovare giustificazioni in esse. Secondo alcune ipotesi, l’escissione risale all’antico Egitto, ma la si ritrova anche a Roma, dove era praticata sulle schiave e appare legata ad aspetti patrimoniali del corpo femminile. Sempre a Roma troviamo l’infibulazione – un termine d’origine latina – che inizialmente designava un’operazione esclusivamente maschile. Si trattava di una specie di spilla - fibula – che veniva applicata ai giovani per impedire loro di avere rapporti sessuali. Ma il centro della diffusione dell’infibulazione femminile sembra che sia stao l’Egitto faraonico come attesterebbe la denominazione di “circoncisione faraonica”. Comunque ad oggi l’origine delle mutilazioni dei genitali femminili sembra destinata a restare indeterminata. L’unica cosa certa è che non è stato l’Islam a introdurre in Africa le mutilazioni dei genitali femminili che erano già presenti in loco assai prima della sua diffusione. Si tratta infatti di usanze indigene profondamente radicate nelle società locali o preesistenti alla penetrazione dell’Islam nell’Africa Sub-sahariana e centro –orientale.

Significati e simboli

Al di là delle origini lontane, le MGF sono un istituto tuttora molto attivo nel determinare la vita di relazione e di scambi su cui si basa l’organizzazione sociale di gran parte delle società africane. Il profondo radicamento delle MGF è dovuto a una complessa costellazione di fattori che pur variando da un’etnia all’altra presentano alcuni tratti comuni. Si tratta del ruolo fondamentale che tale tipo di pratiche tradizionali ha nella costruzione dell’identità di genere e nella formazione dell’appartenenza etnica, oltre che nella definizione dei rapporti tra i sessi e le generazioni. Per le pratiche tradizionali si intende quegli atti abituali, di uso comune, che sono stati trasmessi dalla generazione passata e che con molta probabilità saranno passati a quella successiva. Le mutilazioni dei genitali femminili sono però un tipo particolare di pratiche tradizionali. Con esse siamo infatti nell’ambito dei riti di passaggio, ovvero di quelle pratiche cerimoniali che guidano, controllano e regolamentano i mutamenti di status, di ruolo o di età delle persone e così facendo scandiscono le varie fasi del ciclo di vita trasformandole in un percorso ordinato e dotato di senso. In particolare le mutilazioni dei genitali femminili sono una componente fondamentale dei riti di iniziazione attaverso cui nelle società tradizionali si diventa “donna”. Donna infatti non si nasce, a questo provvedono i riti che trasformano l’appartnenza sessuale legata al sesso biologico in una “essenza sociale”: l’essere appunto donna. Naturalmente questo non accade solo in Africa. Con sfumature diverse ogni società trasforma la sessualità biologica in una costruzione culturale differenziando il maschile dal femminile per decidere della sua appartenenza di genere. Le mutilazioni dei genitali femminili sono anche la porta di accesso alla propria comunità, sono un rituale di ingresso come lo è ad esempio il battesimo per i cattolici, e come tali costituiscono un punto di non ritorno, che separa chi è dentro da chi sta fuori. Questo vale per tutti i membri di una comuntià, uomini e donne, anche se vigono modalità di accesso distinte. Nelle società africane non sono infatti solo i corpi femminili a essere segnati o mutilati, ma anche quelli dei giovani maschi.

L’importanza del contesto

Il contesto che conferisce senso alla pratica culturale delle mutilazioni dei genitali femminili è un sitema complesso di strategie matrimoniali, fondate sul prezzo della sposa, a cui si accompagnano una serie di tratti secondari che variano da un’etnia all’altra. Per prezzo della sposa si intende il compenso che la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie in cambio non di una donna qualsiasi, ma di una donna illibata, intatta, vergine possibilmente chiusa oppure escissa a dovere in modo da scoraggiarne desideri e rapporti prematrimoniali – tutte condizioni indispensabili pena il rinvio della malcapitata alla sua famiglia di origne la prima notte di nozze. E’ questo il compito a cui sono delegate le MGF che, assicurando il controllo della sessualità femminile, ne garantiscono quella purezza indispensabile allo scambio matrimoniale. In altre parole le mutilazioni dei genitali femminili sono una componente fondamentale del matrimonio in Africa, poiché contribuiscono a regolare la gestione delle risorse e la rete complessa degli scambi e delle relazioni sociali. Tenere presente questo complesso sistema economico-simbolico significa smettere di guardare alle mutilazioni dei genitali femminili come a una pratica culturale decontestualizzata,a una stravaganza esotica in grado solo di rimandarci alla gategoria dei “fenomeni culturali”, facendo il gioco di quanti cercano di dare sostanza alle differenze culturali per poi poterne fare oggetto di discriminazione

Qualcosa sta cambiando

L’origine oscura delle MGF è resa ancora più oscura dal silenzio che le ha sempre circondate e che ha contribuito a farne un argomento tabù per le genti africane, ma anche a proteggerle dalla curiosità indiscreta di noi occidentali. In questo silenzio rientra anche la tacita complicità dell’Occidente che con il colonialismo prima e con le politiche di cooperazione allo sviluppo poi, ha preferito in maniere diverse ignorare le MGF, trincerandosi dietro una inusuale forma di rispetto delle tradizioni locali. Oggi però, qualcosa è cambiato. Il muro di omertà e di indifferenza che per secoli ha relegato le MGF fuori dalla storia ha cominciato ad incrinarsi. da qualche anno a questa parte il silenzio ha lasciato il posto a una proliferazione di discorsi che stanno trasformando le MGF in una nuova questione sociale legata al rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della salute delle donne e delle bambine. Questa fuoriuscita dal cono d’ombra è il risultato di anni di campagne di sensibilizzazione promosse da organizzazioni non governative, internazionali e africane, e dalle varie agenzie delle Nazioni Unite, ma è anche il risultato dei provvedimenti legislativi presi da alcuni governi locali. In un’ottica più generale è il segnale che anche questa pratica arcaica e segreta è ormai entrata nell’area dei processi di modernizzazione di molte popolazioni africane.

Fonte: http://www.emmabonino.it/campagne/stopfgm/cosa_sono.php

martedì 22 novembre 2011

Cineforum per la Giornata Mondiale dei Diritti Umani

Il Museo della Pace di San Giorgio a Cremano, conforme al suo progetto di educazione alla pace, organizza un Cineforum sui Diritti Umani che si terrà dal 1 al 20 Dicembre, presso il centro Informagiovani sito in Via Mazzini n.8, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, prevista, come ogni anno, il 10 Dicembre. La programmazione è la seguente:


Programma Cineforum sui Diritti Umani
1 Dicembre
09.00 – 11.00 “Les Choristes – I ragazzi del Coro” (2005) Christophe Barratier
11.15 – 13.15 “Mooladé” (2004) Ousmane Sembène
5 Dicembre
09.00 – 11.00 “Pianse Nunzio 14 anni a Maggio” (1996) Antonio Capuano
11.15 – 13.15 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” (2005) Marco Tullio Giordana

6 Dicembre
09.00 – 11.00 “L’ordine naturale dei sogni” (2010) Ricky Gervais
11.15 – 13.15 “Lord of War” (2005) Andrew Nicol

12 Dicembre
09.00 – 11.00 “Les Choristes – I ragazzi del Coro” (2005) Christophe Barratier
11.15 – 13.15 “Mooladé” (2004) Ousmane Sembène

13 Dicembre
09.00 – 11.00 “Pianse Nunzio 14 anni a Maggio” (1996) Antonio Capuano
11.15 – 13.15 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” (2005) Marco Tullio Giordana
14 Dicembre
09.00 – 11.00 “L’ordine naturale dei sogni” (2010) Ricky Gervais
11.15 – 13.15 “Lord of War” (2005) Andrew Nicol

15 Dicembre
09.00 – 11.00 “Les Choristes – I ragazzi del Coro” (2005) Christophe Barratier
11.15 – 13.15 “Mooladé” (2004) Ousmane Sembène

19 Dicembre
09.00 – 11.00 “Pianse Nunzio 14 anni a Maggio” (1996) Antonio Capuano
11.15 – 13.15 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” (2005) Marco Tullio Giordana

20 Dicembre
09.00 – 11.00 “L’ordine naturale dei sogni” (2010) Ricky Gervais
11.15 – 13.15 “Lord of War” (2005) Andrew Nicol